Una mia cara amica, dovendo partire per ragioni di lavoro mi ha lasciato un canarino in custodia. All’inizio lei voleva liberarlo ma un esperto l’ha sconsigliata perché un animale nato in cattività difficilmente riesce a sopravvivere una volta liberato.

Così questo avvenimento mi ha portato a riflettere sui casi della vita.

Tutte le mattine pulivo la gabbia “molto spaziosa” del mio piccolo ospite. Riempivo la vaschetta di miglio e quella dell’acqua e lui tutto contento saltellando faceva il suo bagno e prendeva il cibo cantando allegramente, almeno così mi sembrava. Questo compito per me andava benissimo anche perché lui mi rallegrava con il suo canto. Questo rito si è ripetuto per tutta l’estate.

Un mattino, inizio di autunno, dopo che il canarino aveva fatto il rito delle pulizie e del cibo, misi la gabbia sul terrazzino di casa. Ogni mattina con la temperatura ancora piacevole lui iniziava il suo concerto.

Feci colazione e in attesa di uscire per le solite faccende giornaliere udii che al canto del canarino rispondeva un altro canto. Incuriosito guardai dai vetri e notai che un pettirosso era aggrappato alla gabbia che tentava di beccare qualche seme d miglio. Vedendo che non riusciva nell’intento, pensai di metterne un po’ sul tavolino del giardino.

Così mi incaricai di dar da mangiare al nuovo venuto: ogni mattina miglio e acqua. Devo dire che anche lui mi regalava momenti musicali deliziosi.

Una mattina feci tardi e mentre cercavo di accelerare il rituale senti battere sul vetro. Era lui che posato sulla maniglia reclamava il cibo. La sorpresa non era finita, con lui vi era un altro pettirosso. Si era formata la coppia.

Ero felice dell’evento anche perché mi avevano scelto come testimone.

Scoprii che avevano fatto il nido nelle vicinanze, in una siepe di bitosforo.

Mi impegnai ad assistere la nuova coppia mettendo miglio in abbondanza prevedendo nuove nascite. Acqua abbondante e foglie di insalata.

Un mattino sentendo un concerto di cinguettii mi affaccio e ne vedo cinque: padre, madre e tre piccoli. A modo loro mi ringraziavano e mi presentavano i loro figli

Li rividi ancora per alcuni giorni mentre assistevano i piccoli in addestramento di volo.

Non fui sorpreso il giorno dopo di trovare il cibo intatto e capii con dispiacere. Anche il canarino quel giorno non cantò, pensai che anche per lui era arrivato il tempo di riconquistare la libertà.

Aprii la gabbia e aspettai. Non successe nulla.

Comunque continuai ad assisterlo sperando che si decidesse a spiccare il volo. Lo lasciai a digiuno per un giorno. Ancora niente. Si affacciava sull’uscio ma non spiccava il volo.

Una sera incontrai al bar un amico che mi ricordò, avendo fatto studi specifici, che qualsiasi essere nato in cattività e regolarmente accudito difficilmente evade dalla gabbia dorata.
Non ne ha bisogno. Tutta la sua aspirazione è rivolta ai bisogni primari.

Questo vale anche per gli esseri umani quando si aggiungono gabbie sociali che soddisfano bisogni indotti dal potere.

A. Montanaro 11/2011

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