Caravanserraglio

Caravanserraglio

Con gli attentati di Bruxelles arriva nuovo ossigeno alle nostre TV.  Si credeva che i talk show fossero alla frutta e che si fossero ridotti a intervistare la gallina di Banderas e il passero di Del Piero.

Grazie ad Abdeslam gli studios si sono riempiti di telefondamentalisti, di Brunetta, Belpietro, Sallusti e Santanché, e l’agente della Cia Luttwak, tutti i tuta mimetica pronti a scagliarsi sul nuovo storytelling del momento.

L’Islam come male assoluto del momento ha invaso il nostro beneamato (sic) paese, e niente corruzione, non più la casta e l’antipolitica, i comunisti e tutto quello che si è raccontato nel recente passato.

Si sono tutti ritirati sull’Islam, pronti a partire nella guerra di civiltà prossima a venire. Per il momento si accontentano di fare cecchinaggio catodico con coro di esperti, vecchi generali rincoglioniti dalle guerre puniche, esperti di strategia e libri annessi in promozione. Non mancano Imam televisivi, tanto per accontentare la Santanchè che da esperta pescivendola si diverte a prenderli a pesci in faccia.

Non mancano i politici a caccia di voti accompagnati da giornalisti prêt-à-porter. Si distingue in questo ruolo il già noto Salvini, collegato contemporaneamente su tutte le reti TV. Si fa intervistare la guerriera Meloni nella parte di madre courage, pronta a mettersi l’elmetto delle vedove di guerra. Nella confusione di interventi in collegamento si mescolano opinionisti in declino pronti a giocare la carta del Jihad per riportarsi alla ribalta.

Persino Bergoglio si è cimentato nel lavaggio dei piedi agli extra-comunitari, così per non essere accusato di essere parte.

In tutto questo caravanserraglio nessuno si è preoccupato delle vittime. Sia di quelle di Bruxelles che di quelle di tante guerre scatenate (da chi?) in quei territori.

Tutti con le loro ricette adatte ad accumulare odio e paure, pronti per esplodere, tutti in attesa che qualche esaltato militare scateni l’ennesima carneficina in Europa.

Quell’Europa fallita in tutti i sensi, che si è sempre occupata di economia lasciando marcire la politica, nutrendo la parte negativa della democrazia e lasciando languire l’idea di libertà e uguaglianza che i popoli europei si aspettavano. Hanno vinto le strategie del caos volte a mettere in ginocchio interi popoli del globo. Hanno vinto gli esaltati dell’Armageddon finale contro l’umanità.

 

A. Montanaro

Immagine:

#Inktober 21 October. Gator Golf.

Lo spettacolo porno del dolore

Lo spettacolo porno del dolore

5167969_2c7e0459f5Di fronte all’orrore di quello che è accaduto a Parigi, i nostri media non hanno trovato di meglio che alimentare lo spettacolo del dolore.

Hanno trasformato la morte in uno spettacolo fantasmagorico, pornografico.

Le persone colpite dal dolore, i loro famigliari, non lo meritano.

La realtà è trasfigurata nello spettacolo attraverso la bulimia dell’informazione. Quando i media fanno ore di diretta ritrasmettendo sempre le stesse testimonianze, anche il dolore diventa irreale. Questa spettacolarizzazione sfrutta, nega e desacralizza il dolore. Nella società che adora la morte filmata in diretta, la morte è oggetto di consumo.

Nessuna umanità viene rispettata, nessuna vittima viene risparmiata.

Troppo spesso si dimentica come la quotidianità del terrore, che noi sperimentiamo solo ora, in tanti paesi, dalla Siria alla Nigeria, dalla Libia all’Iraq, passando per l’Afghanistan, è la realtà di ogni giorno.

Così come lo è per i rifugiati che arrivano in Europa, in fuga dall’islamofascismo dell’IS e poi bersaglio dell’odio xenofobo.

Gli alleati nostrani del Daesh li trovi nelle pagine dei quotidiani della destra razzista. Sono le facce della stessa medaglia. I terroristi dell’IS non vanno capiti, vanno considerati per quello che sono, islamofascisti, speculari ai razzisti europei anti-immigrati.

Contro la Jihad il bellicismo non basta, bisogna capirne a fondo le strategie comunicative, coprendo che alla base della propaganda non c’è solo marketing, ma un vero e proprio storytelling: una mitologia a base di personaggi che si trovano facilmente nei videogame come “Cal of Duty”.

L’universo dei videogiochi, cui ricorrono anche gli americani per il reclutamento di volontari, è un eccellente strumento di de-socializzazione, addestramento e assuefazione alla violenza.

I reclutatori di Daesh hanno messo a punto alcuni grandi miti: il modello del “cavaliere eroico“, la partenza per una “causa umanitaria” proposta ai giovani delle periferie disagiate del mondo per instradarli all’azione violenta.

Le organizzazioni terroristiche si basano su narrazioni che vanno decodificate per definire una strategia e minarne l’efficacia.

La demolizione del mito fondatore di Al Qaeda presupponeva, per esempio, la capacità di proporre “un mito alternativo, una storia migliore di quella proposta dai mangiatori di miti”.

Al di là delle farneticazioni dei nostri guerrieri alla paesana, delle provocazioni dei soliti Salvini di turno che in branco si esibiscono in toni bellicosi…

Bisogna tornare alla lotta di classe per una solidarietà globale degli sfruttati e degli oppressi. Senza questa visione, la patetica solidarietà alle vittime di Parigi è un’oscenità pseudo-etica.

 

A. Montanaro 22/11/2015

 

Immagine di Aaron Edwards
in a moment

Ils sont fou

Ils sont fou

Dopo il massacro di Parigi i nostri media mainstream si sono scatenati. Non c’era rete che non avesse in programma la cronistoria dei fatti. Ogni programma ha avuto i suoi personaggi pronti a spiegarci come l’Islam sia cattivo, specialisti di distorsioni storiche, sociologi, storici, esperti di terrorismo, tutti all’unisono pronti al “siamo tutti francesi”, al “Je suis Charlie”. Ore interminabili di filmati del poliziotto ucciso a freddo.

Lo storytelling che utilizza i principi della retorica della paura agisce per sollecitare le paure ancestrali del diverso, dei barbari che uccidono senza ragione e così consolida le proprie ragioni razziste. Un circo mediatico con collegamenti dalla Francia per informarci del nulla è il vero raid sulle coscienze dei cittadini.

Al seguito di una xenofobia dall’alto si sono aggregati i nostri lupi mannari, dalla Lega di Salvini e Borghezio ai fascisti dichiarati di Casa Pound, tutti insieme contro immigrati e rifugiati.

In una fioritura di avatar della politica spettrale, lo spazio politico e quello dei media si sono fusi, dando vita ad un campo magnetico di difesa dei propri interessi.

Salvo rare eccezioni, nessuno ci spiega come dei giovani francesi di religione islamica decidano di abbracciare la jihad per diventare dei terroristi. Nessuno si addentra nelle periferie del mondo per sentire questi giovani, come vivano, quali siano i loro sentimenti verso l’occidente. Sono figli di seconda generazione o terza, di Harki rientrati dopo l’Algeria, sono figli di immigrati che non sono mai riusciti ad essere integrati, con lavori precari e bassa scolarizzazione, giovani che sentono le ingiustizie verso quel mondo musulmano della propria origine. Sono i giovani che dopo le tante guerre di esportazione della democrazia hanno visto nazioni devastate dai bombardamenti, con migliaia di morti, giovani che non hanno mai sentito dire “Je suis palestinese”, “Je suis egiziano”, “Je suis iracheno”, etc. etc.

E’ tempo che gli specialisti del pensiero unico incomincino a riflettere sulla banalità dei propri luoghi comuni e sulle proprie colpe per avere appoggiato le suddette guerre. E’ tempo degli uomini liberi di iniziare un dialogo con quei giovani, per capirsi e costruire insieme una società più giusta e democratica. E’ tempo di non lasciare spazio ai tanti sciacalli e razzisti che stanno sempre in agguato per azzannare.

A. Montanaro

11 gennaio 2015

 

Immagine di Dave Jimison Face Graffiti detail found on flikrcc

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