Dopo la manifestazione degli uomini a Piacenza il 26 ottobre scorso, anche a Milano saremo in piazza contro la violenza maschile sulle donne. Vogliamo assumerci tutta la responsabilità di dire basta, in prima persona.
Uomini, abbiamo un problema! Un nostro problema: la violenza sulle donne.
Senza liberazione delle donne, non potremo mai sentirci liberi. Noi rappresentiamo il potere: liberiamocene!
Come genere maschile siamo sempre stati bravi a organizzare guerre, miseria materiale e culturale, distruzione del pianeta. E lo siamo stati ancora di più a opprimere, violentare, uccidere le donne.
Diciamo basta all’usurpazione della loro vita!
Basta con le false coscienze maschili, che predicano bene, ma nel concreto fanno obiezione contro le scelte femminili.
Dalle suffragiste di primo Novecento alle femministe degli anni Settanta, fino alle lotte più recenti, i movimenti politici delle donne nel passato e nel presente ci hanno chiesto e ci chiedono di cambiare. Per questo nel manifestare contro qualsiasi forma di violenza sulle donne, vogliamo metterci in discussione.
Siamo per l’uguaglianza economica e per la totale condivisione nella cura di bambin* e anzian*, che oggi è perlopiù superficiale e saltuaria. Rispettiamo e difendiamo le scelte che le donne fanno sul proprio corpo nel loro essere generatrici della vita.
La violenza sulle donne ci riguarda!
Appello per una manifestazione nazionale di uomini a Milano
Abbiamo sempre preteso di gestire noi il potere politico ed economico, come se ci fossimo naturalmente portati: i disastrosi risultati sono sotto i nostri occhi. Per una società migliore, l’unica strada è metterci al loro fianco.
Marcella Zorzi, Comitato per la valorizzazione e la tutela del torrente San Bernardino (zona Verbano-Cusio-Ossola) descrive la azione del Comitato per fermare la costruzione di una mini-centralina idroelettrica sul torrente San Bernardino, i problemi ambientali correlati agli impianti, la situazione nella zona, il progetto di costruzione di un impianto sul Torrente San Giovanni, in zona Scareno.
Elezioni europee 2019. Il mito sovranista di Salvini e soci, il “prima gli italiani”, ha sostituito il mito di Europa rapita da Zeus. L’elettorato, colpito da un’epidemia di ignoranza, ci crede.
Stretto fra America e Cina in un contesto sociale dove i fascismi si affermano sotto mentite spoglie, il progetto europeo resta prigioniero di lobby che coltivano i propri interessi nel mercato finanziario mondiale.
Smantellati i diritti conquistati dai movimenti operai e dalla società civile, l’Europa lentamente si ammala quando i leader decidono che la priorità è salvare le banche, naturalmente con i soldi dei cittadini, quei cittadini che chiedono più scuole e servizi sanitari, soldi per riparare strade e ponti pericolanti e che si sentono rispondere che i soldi non ci sono.
Ma i soldi ci sono e la globalizzazione non è piovuta dal cielo. L‘Europa è stata l’agente propagandista delle teorie della scuola di Chicago con Milton Friedman: l’apparato concettuale di “America“, F. von Hayek, L. von Mises e J. L. Rueff in Europa, sviluppatosi negli anni Settanta e assurto a nuovo paradigma post Keynesiano con R. Reagan e M. Tatcher, informa quel “consenso di Washington” (Washington consensus) che da allora e fino alla grande recessione del crollo di Lehman (2008) ha fatto da quadro di riferimento delle istituzioni economico-finanziarie internazionali (Fondo Monetario, Banca mondiale) delle economie capitaliste, Europa inclusa.
Tutto questo ha prodotto una privatizzazione selvaggia, la deregolazione di tutto il possibile, la delocalizzazione di molte industrie in Stati che operano una fiscalità minima, innescando così un sistema di esclusione sociale di molti cittadini.
Oggi paghiamo la nascita dei sovranisti para-fascisti, che con la propaganda manipolatoria vogliono distruggere l’Unione europea. I maestri di “Spin” usano la post-verità come strumento di consenso.
L’Europa, per risorgere, deve seguire lo “Stoccolma consensus“, non il “Washington consensus”.
Si devono esercitare i diritti umani, la tolleranza, l’integrazione, una politica migratoria seria.
In Africa devono essere perseguite politiche di sviluppo e non politiche commerciali predatorie, amicizie con i dittatori, vendita di armi e bombardamenti che foraggiano le milizie.
In Occidente siamo ad un bivio in cui l’odio che investe gran parte dei cittadini alimenta una dinamica autoritaria involutiva.
Se nelle elezioni europee del 26 maggio 2019 le forze sovraniste sono state stoppate, questo non significa che il pericolo sia passato.
Il nuovo parlamento europeo deve spingere fin da subito per profonde riforme, altrimenti i sovranisti passeranno la prossima volta. Non bisogna aspettare il Godot di turno, ma agire ora.
A. Montanaro
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Siamo in un tempo senza domani, dove il futuro è chiuso e il passato ha le sembianze di un futuro anteriore.
Viviamo nella xenofobia, nella paura per tutto ciò che è diverso, nell’odio a priori l’altro, il diverso, e tutto ciò che rappresenta.
Quando la volontà di dominare il “futuro peggiore” prevale, allora l’ansia e l’angoscia si caricano di apprensione e non c’è spazio per l’idea di una umanità in cui marciando insieme verso obiettivi comuni possiamo migliorare la nostra sorte.
Nella privatizzazione del futuro, che è fonte di angoscia e di violenza, ciascuno coltiva la propria utopia, fatta di chimere e di successo, ricchezza e prestigio. Ma una volta svelato l’inganno appaiono le promesse narcisistiche e i vuoti vagheggiamenti che si rivelano essere fantasie bugiarde.
Il tardo capitalismo ci sta portando al collasso ecologico planetario e di questa età antropocenica osserviamo gli effetti devastanti e mortiferi in cui la natura è stata devastata (scompariremo noi, non lei).
E’ la sconfitta della politica che ha perduto ogni dimensione salvifica, ridotta a governare il presente senza un domani, assecondando gli eventi, cavalcando l’onda del capitalismo dove i sogni si trasformano in incubi.
Così sembra più facile figurarsi la fine del mondo, piuttosto che la fine del capitalismo.
A questo punto il capitalismo, occupando tutto l’orizzonte, ha assorbito ogni resistenza, cancellando passato e futuro, portandoci nel buio dell’apocalisse.
Cosa si prefigura? La trasformazione dell’umano in trans-umano, con l’invenzione finale che trasferisce in un software l’identità e l’accesso all’immortalità tecnologica, sull’orlo del buco nero, quando già non abiteremo il pianeta terra, ritirati nelle giungle di sopravvivenza post-umane come il colonnello Kurtz nel film Apocalypse now.
Eccolo il marketing leghista che lo Spin-doc Luca Morisi suggerisce al capitano Salvini: una comunicazione armata che passa dalle divise militari (polizia etc.) alle immagini con armi vere.
Nella retorica totalitaria si passa infine all’esibizione delle armi, sull’esempio dei suprematisti bianchi amerikani, al grido di “più sicurezza”, liberi di usare le armi per autodifesa, bum… bum… contro chiunque è diverso.
Nell’industria dell’odio salviniano, Luca Morisi si distingue come il consigliere più incline alla violenza verbale.
Nelle campagne di comunicazione politica prevale la retorica degli insulti volgari verso persone e associazioni specifiche, gruppi etnici, donne, magistrati e persino adolescenti.
Gli elementi repulsivi, la brutalità, la xenofobia, la tracotanza che caratterizzano questo continuo show “post-verità” fatto di retorica negativa e violenta, finiscono per diventare la valvola di sfogo dei perdenti del neo-liberismo finanziario.
Proprio nel giorno di Pasqua, con le centinaia di vittime dell’odio in Sri-Lanka, Luca Morisi ha pubblicato su Facebook una foto di Salvini armato di mitra (l’ennesima foto) minacciando nemici immaginari).
Il messaggio di incitamento alla violenza armata è un reato, Morisi deve saperlo. Si crede onnipotente perché Avatar protetto del Ministro Salvini?
Questi messaggi muovono anche tutta quella galassia neo-fascista che si sente libera di agire in molte occasioni nelle periferie disagiate, con simboli nazisti e slogan razzisti.
Mentre il governo legato da un contratto di potere si nutre nelle proprie esibizioni come nelle foreste dei folli di Laon, i cittadini peopleizzati vivono da sonnambuli la propria realtà. Serve un risveglio delle coscienze prima che la catastrofe ci sommerga tutti.
A. Montanaro
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