L’evento
L’ottobre phEST non è la festa della birra, ma una “festa internazionale della fotografia (Photography) che guarda a EST a partire dal punto di vista privilegiato di Monopoli”. Si tratta di una mostra fotografica disseminata per tutta la città, sia in contenitori chiusi che aperti. La chiusura, prevista per il 30 ottobre, è stata rimandata al 1 novembre.
Qui scriverò essenzialmente delle foto-tessera formato gigante esposte sul muro del porto vecchio, l’esposizione intitolata “I gladiatori di Nettuno”
Intorno al grande evento si assiepano a centinaia, tutti presenti alla foto di gruppo: facce da vetrine, intellettuali benestanti, parassiti vari, potenti e importanti, poveri di spirito in estasi, gitaioli d’Europa, infiltrati nobili e anime morte. Il grottesco e il sublime danzano un tango dove si confondono nobiltà e miseria culturale.
Una storia violata
I volti di lavoratori d’altri tempi sono esposti lungo il vecchio porto monopolitano, rughe bruciate dal sole e dalla salsedine in primo piano. Un’acrobatica prova di resistenza umana, un passato a non farsi strappare il tempo e a essere la propria storia.
Una storia di persone che vivono il mare violata dallo pseudo-artista in una mostra assurda, da cui trasuda l’immaginario del presente, con la bomba innescata della falsa modernità.
Esposti in fila su quel vecchio muro storico, come galeotti in partenza verso Cayenne lontane, quei volti gridano vendetta.
Mentre l’assessore e il suo tirapiedi Spada (detto “sciaboletta”) gongolano nella propria mediocrità, pronunciandosi sull’esposizione in un pensiero asfittico, miope. Certamente non si poteva chiudere questa Estate Monopolitana 2016 senza un’ulteriore conferma della povertà culturale di questa amministrazione.
L’inganno
Il cinismo della furbizia si è rosicchiato tutto, e ciò che non è zuppa pre-elettorale scivola immancabilmente in inganno, kitsh. Tarate sul disincanto, mostre così sono merce scaduta, ma c’è da credere che, da qualche parte, qualcuno sia ancora talmente ingenuo da guardare quelle foto e dar loro il tempo di significare qualcosa.
Qualcuno che si prenda con calma e pazienza il tempo di una visione d’insieme, alzerà poi gli occhi al cielo mentre alle labbra salgono parole come “sdegno”, “ribellione” e perfino “compassione”, poi salirà la nausea e sentirà come l’impressione di avere consumato lo sguardo in sgradevolezza. E magari si troverà a chiedersi quando si è fermato l’ultima volta per una visione sublime.
Non si può indossare l’inganno come una seconda pelle. Tutti nella stanza dell’eco hanno criticato l’evento per i danni ai muri antichi, ma nessuna critica è pervenuta sul contenuto artistico fuori contesto sociale dei personaggi esposti come “gladiatori di Nettuno”.
Un’operazione dal puzzo New Age.
A. Montanaro