Passare da un panoptismo disciplinare ad un panoptismo sistemico. Creare malessere, una specialità tutta italiana, nel dramma del vivere come condizione funzionale al disastro.
Per quanto tempo bisogna percorrere la strada della vita? Quel tanto per sgomberare la sporcizia accumulata, nei nuovi dolori si sono rinnovati quelli antichi, mentre un torrente di lamentazioni affoga nel gemito di un raggio di luce per aprire all’angoscia che, governata dal sistema, invade e vince il corpo dei cittadini fino alla tomba.
Per essere vagabondi nei sogni, per assassinare chi ci tortura da vivi, una volta svegli tendiamo la mano ai torturatori.
Aspettarsi che un cavaliere dalla triste figura ci porti il paradiso e una pia illusione. Mentre l’idea di vivere come il milite ignoto ci sovrasta quotidianamente, in attesa che ci spuntino le ali d’avvoltoio nell’esplorazione di qualche nemico da disossare.
Come non bisogna cullarsi nelle delusioni, come non stancarsi nel ribellarsi, come non addormentarsi nella culla del tempo ma dare un senso al futuro, senza di che nessuna ribellione sarebbe possibile. Senza aspettare un nuovo Prometeo nell’orizzonte della lotta.
Continuare nella fatica di vivere, paragonata a quella di Sisifo.
Non ci aspetta il giardino del paradiso. Dando il potere al neo-fascismo meloniano, quel giardino è stato inquinato.
A. Montanaro