Introduzione

Introduzione di Underground nei cieli del sud

Ogni periodo storico ha la sua qualità tattile. Gli anni Settanta sono su fogli ruvidi, porosi, ingialliti. Fogli acquistati in economia che oggi si sbriciolano tra le dita, impressi dai caratteri Courier del ciclostile in righe talora sbilenche. Poco più grande di un foglio A4, il documento “stampato in proprio” sbuca fuori dalla superficie dello scanner domestico che abbiamo usato per salvarlo in formato digitale prima che svanisse.

Il materiale dell’archivio storico dell’Arca Gam e del Circolo culturale libreria Mauro Larghi si presenta così. Fogli ciclostilati con lettere e disegni, e poi fotografie in bianco e nero, alcune raccolte di coloratissime riviste. Possiamo usare questi fogli come un tappeto volante o una macchina del tempo per farci trasportare…

Puglia, Monopoli, 1973. Dal nostro tappeto volante vediamo un gruzzolo di case bianche che toccano il mare. Sulla linea orizzontale spiccano una cupola, dei campanili e le ciminiere della più grande fabbrica del paese, la Cementeria. Ai bordi del bianco, verso l’interno, il confine a quadretti delle case recenti rosicchia voracemente gli uliveti che si estendono fino alle prossime colline.

Infilandoci nel bianco, scivoliamo tra sciami di ragazzini che schiamazzano nei vicoli del centro storico di Monopoli. Tra le chianche regna il dialetto. Qui uno ripara scarpe, là un altro cuce reti da pesca, più avanti c’è la fornace per chi lavora la terracotta. Tra una finestra e l’altra svolazzano panni ad asciugare. Dentro un seminterrato sta un gruppo di giovani. Discutono vivacemente di qualcosa. Di qualsiasi cosa. È un ampio salone che più tardi, verso sera, sarà inondato di voci e di musica. Ora è battuto dal ritmo tartagliante del ciclostile, azionato con movimento circolare da uno con le mani nere d’inchiostro. Il ciclostile spreme Rivoluzione a getto continuo.

A bordo del tappeto volante il tempo scorre sotto i nostri occhi. Vediamo il gruppo iniziale ampliarsi in pochi mesi. Cento, duecento, trecento. Centinaia. Il movimento negli anni Settanta a Monopoli si chiama Arca Gam.

Migliaia le firme raccolte contro l’abusivismo sulle spiagge, per proteggere il centro storico dalla speculazione edilizia, contro la costruzione di un porto turistico che non serve a nessuno se non agli speculatori di cui sopra. E ancora firme, per il referendum sul divorzio e per la depenalizzazione dell’aborto. Migliaia in piazza contro la dittatura in Spagna, in Cile, ovunque si manifesti. Gli operai per la dignità del proprio lavoro e contro la violenza del capitale. Le donne stufe del ruolo imposto di mogli e madri, e contro la violenza del patriarcato. Gli studenti protagonisti della scuola. Tutti quanti protagonisti della musica, dell’arte, della poesia.

È quasi una comunità quella che si viene creando intorno ad un agire radicato nel territorio proprio come lo sono gli ulivi che circondano Monopoli. Colpendo ogni giorno il conservatorismo attraverso le armi della parola, del teatro, della musica, dell’immaginazione. Persone che fanno gruppo intorno al piacere di stare insieme e che sfidano le istituzioni storiche della sinistra con una critica dura e giocosa al tempo stesso.

Il tappeto volante segue il ritmo della storia. Viene il ’77. Il movimento corre veloce ma incespica e cade. La rivoluzione diventa involuzione, l’ideologia ortodossia. Il flusso delle idee diventa forma e si irrigidisce in formalismo. Anche a Monopoli, i giovani diventano vecchi. Vecchi contro vecchi, vecchi contro nuovi giovani. Il ’78 è l’anno del tutti contro tutti. È Arca BUM. Finisce come è iniziata: sfacciata e irriverente, dura e giocosa, lucida e creativa. Ribelle.

Voliamo sul crinale tra anni Ottanta e anni Settanta. La nostra storia monopolitana continua con le vicende del Circolo culturale Mauro Larghi. Dopo il tutti contro tutti la scissione è inevitabile. Scegliendosi per questo nuovo progetto, un piccolo gruppo di persone rimane attivo nonostante il riflusso. Apre una libreria, fa teatro, si occupa di raccogliere e distribuire in tutta la regione materiale di controinformazione. L’Arca era movimento, il Mauro Larghi è servizio. Da tanti, a pochi. E non a caso il Mauro Larghi porta il nome di un detenuto politico ucciso a botte in un carcere: è il segno della repressione in corso. La metà degli anni Ottanta segna la fine di questa ulteriore spinta a sinistra. Il contesto è cambiato, il Circolo chiude i battenti.

È questa la storia che qui raccontiamo. Una storia che centinaia di persone contribuirono a fare. La storia di una parte che qualcosa vinse ed ottenne, qualcosa perse e a qualcos’altro, forse, rinunciò. A cucire i fatti in “una” storia è oggi una piccola parte di quella parte.

Per tutti questi motivi, si tratta di una storia partigiana.

Nell’anno in cui il primo bollettino Arca fu ciclostilato mia madre mi partorì, mille chilometri più a nord. Il ciclo dell’Arca e del Mauro Larghi coincide con la mia infanzia. A separarmi dalle vicende del movimento a Monopoli ci sono dunque un’infanzia e un’adolescenza, un riflusso, una penisola lunga come l’Italia. Ad unirmi a quelle vicende è l’amore.

L’amore per un uomo, che di questa storia fu un protagonista. Per questa terra, con le sue luci e le sue ombre, e per chi la abita, che mi ha accolto. Per la libertà come ricerca, come scoperta del “drago nella nostra mente”, come idee che non moriranno mai, come fatica quotidiana del mettersi in gioco, come sfida al potere. Questa storia non è la mia ma è anche in parte mia, perché sono partigiana.

Angelo Montanaro, che ha partecipato dall’inizio alla fine alle vicende raccontate, ha conservato memoria scritta di ogni fatto, riunione, presidio e volantino. La sua intervista, citata qui in alcuni brani, è pubblicata integralmente sul sito www.momi-z.it. Nicolò D’Elia ha avuto l’idea di questo libro e ha composto la prima versione, procurando date e dati. Su questa base ho lavorato di taglio e cucito – grazie per la fiducia! Le testimonianze di Nicolò D’Elia, Vito Dileo, Massimo Mirizio, Gianni Saponara, sono pubblicate in appendice.

Altri cui è stato chiesto di scrivere la propria esperienza non hanno voluto o potuto. Manca la testimonianza di una donna. La valutiamo tutti una carenza grave, che speriamo verrà colmata.

Invitiamo le donne e gli uomini che vorranno esprimere la loro opinione e raccontare la loro esperienza, a farlo su questo blog.

(E. Cirant)

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