La marea del Golfo del Messico avanza inesorabilmente invadendo su scala planetaria quel po’ di natura non inquinata che rimane.
Quell’odore nauseabondo che ci incute paura, paura fluttuante e priva di un indirizzo e di una causa chiara. La paura dai mille occhi che scrutano gli orizzonti del sottosuolo.
L’idea che suscita più spavento è l’ubiquità della paura, di ciò che le company possono estrarre da qualsiasi angolo o fessura del pianeta. E’ Tanatos che avanza come tutto nella quotidianità liquida contemporanea.
Titanic siamo noi, la nostra società trionfalistica, auto celebrativa, cieca, ipocrita, spietata verso i poveri. Una società in cui un furore predatorio produce disastri ambientali immani.
C’è un iceberg ad attenderci, nascosto da qualche parte tra le nebbie del futuro, contro cui andremo a sbattere per poi  naufragare.
AM

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