Lo sciopero delle donne, un racconto fantastico! Capitoli: Le donne sono in sciopero – Da chi, da cosa? – Le sciopero si diffonde come un virus – Non è indolore – Lucciole – E gli uomini? – Succede di tutto. I politici. – Preservativi ovunque – Illuminazioni

 

Gli uffici e i servizi pubblici erano chiusi. Le scuole di ogni ordine e grado erano chiuse. Le università occupate, niente lezioni. Molti negozi erano chiusi e avevano appeso alla serranda cartelli. Le aziende erano ferme. Le colf non pulirono, le dirigenti non diressero. Le prostitute non saziarono appetiti sessuali. Le mamme non avevano cucinato pietanze. Le zie, le amiche, le cugine, le colleghe, le mogli, le amiche, le nonne, le madri e le figlie: erano tutte in strada. Moltissime avevano con sé le proprie creature. Era rimasta a casa chi non poteva evitarlo, ma si collegava alle altre con tutti i mezzi disponibili. I media sociali ribollirono. I media tradizionali dovettero parlarne. Negli ospedali e negli ospizi le infermiere lavorarono, ma chi era rimasta indossava qualcosa di nero e fucsia. I centri commerciali erano vuoti e chiusi. Nessuna e nessuno poté rimanere indifferente quell’8 marzo rinominato #Lotto#Marzo e #NonUnaDiMeno.

Le donne sono in sciopero

Oggi saranno dove non vi aspettate che siano. Hanno prosciugato i rivoli del loro essere sparse nel mondo per convergere in un unico, visibile e tumultuoso fiume in piena. In tutto il paese si terranno centinaia di assemblee, nelle scuole occupate o in qualsiasi altro luogo che lo permetta. Domani? Qualsiasi cosa succeda oggi, domani non potrà essere uguale a ieri. Le donne sono in sciopero.

Da chi? Dov’è il nemico? Chi è il padrone?

“Se le nostre vite non valgono, allora scioperiamo”, hanno detto. Perché muoiono ammazzate una ogni tre giorni e la cosa sembra normale.

Le donne sono in sciopero da un ruolo. Da abitudini che le fanno stare male. Da un sistema economico che le spreme e che uccide la loro terra. Da un’abitudine atavica che le vede zitte e composte. Amabili e disponibili. Sessualmente appetibili. Carine. Subordinate al capobranco di turno. Sono in sciopero confusamente, gioiosamente, dolorosamente. Rabbiosamente. Non c’è un motivo unico, non c’è un nemico da abbattere, non c’è una controparte definita nel pastone che amalgama amore e violenza. Non è il solito sciopero, eppure le donne sono in sciopero, questo è chiaro, si vede anzi si sente come una scossa di terremoto. Sono tutte fuori.

E’ andata così: che sono uscite tutte fuori. C’è chi ha le idee chiare, un elenco di richieste oppure una visione lucida. Chi ha anni di militanza alle spalle. Chi è spinta fuori solo da un sordo e informe disagio. Chi perché ci vanno le amiche. Chi perché non ne può più del ritmo allucinante che governa la sua vita. Chi per fare un dispetto al capo. Chi per orgoglio. Chi era sempre stata sola con le botte di suo marito e poi tutti i giornali ne hanno parlato. Chi ci va solo per godersi lo spettacolo, “perché tanto ormai la parità l’abbiamo raggiunta”, ma poi si accorge che quello spettacolo è qualcosa da cui non riesce a estraniarsi, ti risucchia dentro, al di qua. La contiguità dei corpi, la tensione che si sprigiona dall’essere lì tutte quante, il vedersi e il riconoscersi e tutto quel tempo per parlarsi… è travolgente. E’ un miscuglio di ragione e sentimento, di rabbia e di gioia. E’ qualcosa che monta da settimane.

Lo sciopero si diffonde come un virus

E’ già successo qualche volta, tanto tempo fa o altrove. La Rivoluzione francese, Plaza De Majo, a Pietrogrado nel ’17 del secolo scorso, gli anni Settanta, chissà quante altre volte. Chissà come fa, come funziona. Chi accende la miccia, in che modo si propaga l’incendio. E’ un mistero dell’umanità. Ogni giorno qualcuno o qualcuna lancia una sfida, con una parola un gesto un’azione scarta dai binari, e qualche volta la parola, il gesto, l’azione diventano valanga. Non sanno chi l’ha detto per prima, come sia successo, ma ora sono tutte qui, una massa impressionante, spontanea, autogestita e ingestibile. Certo, l’organizzazione è stata utile, importante, decisiva. Quante ore di impegno, da parte di una minoranza che si prende gli oneri – qualcuna anche gli onori, se sa come farlo. Ma prima e dopo l’organizzazione c’è questa spinta tellurica, un’eccitazione pervasiva mentre quella parola rimbalza di bocca in bocca. Sciopero.

Non è indolore

Questa faccenda dello sciopero è salita come una febbre, alzando ovunque il livello di conflittualità. Sembrava una malattia da curare con antibiotico. Mica facile sottrarsi, sfilarsi, dire di no. Mica facile trovare gli argomenti per dire: mi fermo, esco, rovescio il tavolo, basta. Ci sono stati mugugni. Litigi in famiglia. Ci sono state minacce, prima velate e poi sempre più esplicite. Perderai il lavoro, perderai il posto, perderai il prestigio, perderai il potere, perderai l’amore, il turno, l’occasione. Chi è già stata picchiata, viene picchiata il doppio. Alcune trovano la forza proprio oggi per andare via e non tornare più. Le donne ammazzate più del solito a causa della febbre dello sciopero. Furono licenziate più del solito. Era necessario perdere tutto, per vincere qualcosa. Come in ogni sciopero c’era chi si tuffava nel rischio e chi no. Le battagliere e le crumire. Ci furono crumire ricche e crumire povere. Le povere rischiavano di più. Chi per un motivo chi per un altro aveva paura e non avrebbe rischiato.

Ma lo sciopero si è diffuso come un virus, la febbre è salita, le donne sono fuori, in tante, tantissime, e niente funziona più. Tutto bloccato. Il paese a letto, con la febbre. Niente avrebbe potuto essere più come prima. Non a casa, non fuori casa: che senso ha dire dentro e fuori, se tutto quanto l’assetto delle relazioni viene messo in discussione. Sciopero! Vuol dire: ora le detto io le condizioni. Non questo o quello, ma tutto. Lo sciopero delle donne è l’impensabile. Come un cataclisma dell’ecosistema che reagisce in un botto al lento quotidiano sfregio.

Lucciole

I cortei erano continuati di sera, le donne come tante lucciole nella notte. Quella sera le prostitute disertarono il marciapiede. Loro che erano sempre state fuori, per definizione, quella sera sarebbero state un soggetto politico. Le sex worker avrebbero sfilato anche per le compagne che non avrebbero potuto esserci: le schiave, le vittime della tratta. Erano in sciopero per poter dettare le condizioni, non subirle. Per avere un impegno ingente dello Stato per garantire loro protezione contro le mafie che le sfruttano (tante volte avevano visto Stato e mafia darsi baci consenzienti, anche quello erano lì per denunciare). C’è chi aveva intenzione di formare una cooperativa di sex worker e partecipare al bando del Comune per l’assegnazione di una sede a nuove attività imprenditoriali. La maggioranza avrebbe molto volentieri fatto altro. Tutte quante pretendono di essere ascoltate.

E gli uomini?

Molti uomini avevano deriso lo sciopero delle donne. Cosa da donne: non politica, costume. Ma molti altri avevano aderito. Il fronte patriarcale si era incrinato da un pezzo. Gli uomini in sciopero erano molti meno di quelli che non lo erano e che facevano finta che tutto potesse continuare come prima. Ma il loro peso fu grande. Non solo quel giorno sarebbe stato diverso, ma da quel giorno niente sarebbe potuto essere come prima. La febbre è una crisi del corpo, che reagisce e si rafforza.

Quelli che le avevano derise stavano con le braccia penzoloni a guardare, il labbro piegato in una smorfia di disappunto. Le aggredivano con violento sarcasmo. Tzk, chi si credono di essere. Poi però cominciarono a vederle più attraenti, così fiere e decise. I maschi non sono tutti uguali, puoi scegliere come essere. Pensa a come vorresti essere. Le tue paure. Degli uomini adulti, chi aveva aderito si era dato da fare. Per prima cosa, se le donne erano uscite tutte fuori loro sarebbero stati dentro. Bisognava dare un segno visibile, questa inversione di ruoli lo era. In molti già lo facevano, dividendosi cure e lavori domestici con le compagne, le spose, le coinquiline, ma questa volta si erano prodigati per dichiararlo. In più erano stati ben contenti di rimanere a casa. I bambini si divertivano perché i papà accudenti erano meno perfezionisti e rompiscatole delle mamme e quando si mettevano a giocare, questi papà, rimbambinivano più di quanto le mamme si concedessero.

Succede di tutto. I politici

I leader dei partiti politici, praticamente tutti maschi, sono stati costretti a occuparsi di questa faccenda in nome del consenso. Leader maximi e capibastone sono stati colti dalla febbre dello sciopero mentre si scannavano uno con l’altro per la gestione del potere. Infastiditi per questa interruzione delle loro intente e roboanti giaculatorie, avevano all’inizio snobbato, minimizzato ridicolizzato. Ma la legge dell’audience aveva avuto la meglio. Compulsando su twitter si sono accorti che avrebbero perso visibilità se non si fossero adeguati al trend. Si sono adeguati. Sono andati ai talk show con i pargoli. Negli studi televisivi erano state allestite nursery gestite da uomini – ai provini per le nursery televisive le donne erano state escluse in nome delle quote azzurre. Dei politici, si vedeva che erano forzati del lavoro di cura e che non ci sapevano fare, ma la febbre è la febbre. Subito venne messo in piedi un reality dove i leader venivano chiusi dentro una casa coi loro figli per alcune settimane. Milioni di occhi videro il loro impaccio. Tutta la loro sicumera si sfracellò davanti a un pannolino imbrattato di merda. Fu uno shock per il paese. In seguito non poterono fare a meno di convocare gli esperti e impiantare commissioni per elaborare modelli in cui lavoro produttivo e lavoro di cura fossero compatibili, altrimenti nessuno li avrebbe più votati e la loro vita non avrebbe avuto più alcun senso. Fu allora che venne eletta una donna presidente della Repubblica italiana.

La febbre dello sciopero ha effetti e manifestazioni nelle situazioni più impensate

Davanti a un ospedale di una sperduta provincia una donna aveva dato fuoco ad un materasso come forma di protesta perché le avevano negato l’aborto con la scusa che non c’era il personale e che i medici erano tutti obiettori. Poi si era incatenata alla porta e aveva dichiarato che non si sarebbe mossa da lì finché qualcuno non avesse provveduto a ricoverarla per l’intervento. Urlava in continuazione che era un suo diritto stabilito dalla legge e che se anche non fosse stabilito dalla legge abortire in sicurezza era un suo diritto inalienabile in quanto umana. Ci fu mobilitazione intorno a lei e venne fuori un casino. Un’associazione fece causa all’ospedale. Il primario fu rimosso. Mentre la febbre dello sciopero saliva, altre donne imitarono la prima. Ogni giorno qualcuna si incatenava a un’ospedale, nel giro di qualche settimana diventò una moda. Cominciarono ad incatenarsi anche le VIPS, mentre Dolce e Babbana fece uno spot pubblicitario dove un gruppo di modelle griffate si incatenavano davanti a uno degli ospedali di Roma.

Preservativi ovunque

Ecco un altro fatto strano. Un giorno i milanesi si trovarono il dito di Cattelan coperto da un preservativo gigante. Venne tolto, ma riapparve. Divenne una mania, quella di mettere il preservativo agli arredi urbani. Dissuasori della sosta, semafori, cartelli, persino campanili. Qualsiasi cosa di richiamo fallico poteva venir coperta. Le ditte di preservativi colsero l’attimo e inventarono campagne pubblicitarie eccezionali. I clic di questi video postati su youtube arrivavano subito a toccare la soglia del milione e contribuivano al diffondersi della febbre. La moda del preservativo era uno degli effetti più subdoli dello sciopero delle donne e tra quelli che ebbero più ripercussioni tra le pareti domestiche, sotto le lenzuola. I maschi, se possono, evitano il preservativo. Dicono che riduce il piacere. Adesso non possono più dirlo, perché lo sciopero ha sdoganato l’argomento e le donne, pur diverse una dall’altra in quanto a orgasmo, sono tutte prese da questa fissa di “sentirsi sicure”. Ne parlano dappertutto, senza vergogna. Ieri ad esempio, nella fila alle casse del supermercato. Una arringava un’altra sul fatto che non sarebbe mai riuscita a guarire dalla tale infezione vaginale se il suo uomo non si fosse curato e se non avessero usato il profilattico. La cassiera si era intromessa: “ah, io da quando lo uso non ho più la candida”. Si era sviluppato un movimento di opinione che chiedeva che il costo dei profilattici e di tutti gli altri contraccettivi fosse detraibile dalla dichiarazione dei redditi. La petizione aveva raggiunto 5 milioni di firme, inclusa quella di Papa Francesco.

Illuminazioni

Un’avvocata di grido dichiarò che non avrebbe partecipato allo sciopero delle donne perché per lei valevano i diritti umani cioè di tutti, uomini e donne, senza differenza. Di notte le apparve in sogno Olympe De Gouges. Il sogno è stato una visione pura. Olympe le raccontò di come è stata processata e ghigliottinata durante la Rivoluzione francese per avere contrapposto la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Per avere osato dire che il cittadino neutro non esiste, ma che esistono uomini donne e altri generi, neri gialli rossi e bianchi, ricchi e poveri, e che l’eguaglianza rimane pura astrazione se gli esseri umani non prendono atto – per contrastarle – delle gerarchie e dei privilegi costruiti da loro stessi sulla base di differenze. Durante il sogno, si ripeté la scena della ghigliottina, con il fiotto di sangue che schizzava fuori dall’aorta mozzata e la testa di Olympe che rotolava ai piedi del patibolo. Dopo quel sogno l’avvocata è una delle più fervide sostenitrici dello sciopero delle donne.

Ora godiamoci lo sciopero delle donne, il più impressionante sciopero che si sia mai visto.

Eleonora Cirant

 

 

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