Facezia filosofica tratta dai manoscritti del barone Paul Heinrich Dietrich d’Holbach (1723-1789)

Scilipotismo: teoria applicata al servilismo italiano.

L’uomo politico italiano è senza dubbio l’essere più singolare di cui la specie umana disponga.
E’ una creatura anfibia che spesso riunisce in sé tutti gli opposti.

Bisogna ammettere che un essere così bizzarro è difficile da catalogare, lui stesso stenta a conoscersi, difficile che ci riesca qualcun altro.

Tutto considerato potrebbe inserirsi nella classe degli uomini, salvo che le persone comuni possiedono una sola anima mentre il politico pare averne molteplici.

Può infatti essere tanto faccia di culo quando viscido.

Alterna la più provvida generosità verbale a una avarizia sordida e ad una avidità vorace; un’audacia pubblica spavalda all’ignavia più vile; un’arroganza insolente al garbo.
E’ un Proteo, un Giano, un dio indiano dalle sette facce.

Eppure i partiti, le caste, sembrano fatti apposta per queste creature così rare.
La faccia tosta assicura loro i piccoli e grandi agi quotidiani.

Il loro impegno nei confronti dei cittadini è quello di amministrare i loro bisogni, le loro fantasie.

E’ solo per il loro interesse che riducono i servizi, escogitano mille modi ingegnosi per tartassare e dissanguare i cittadini.

I critici, uomini per lo più mal disposti, in verità considerano lo scilipotismo un mestiere vile, infame, pari a quello dell’avvelenatore.

I cittadini ingrati non immaginano quanta riconoscenza dovrebbero a questi uomini generosi che pur di mantenere alto il loro tenore di vita, si condannano all’indegnità, rinunciano all’amore e all’amor proprio. La vergogna e il rimorso.

Possibile che ci siano cittadini così ottusi da non intuire il peso di tanti sacrifici?

Da non comprendere quale prezzo occorre pagare per essere dei buoni membri della casta.

Per essere dotati di forte spirito, per quanto abbiano la coscienza corazzata dall’abitudine di disprezzare l’onestà e calpestare la virtù.

Gli uomini comuni fanno sempre fatica a soffocare in loro il grido della ragione.

Solo lo scilipotismo è in grado di ridurre al silenzio queste voci inopportune.

Solo lui è capace di un così nobile sforzo.

Se esaminiamo la realtà da questa prospettiva noteremo che quello di strisciare è la più difficile delle arti.

Questa sublime abilità è forse la conquista più meravigliosa dell’intelletto italico.

L’amor proprio, l’orgoglio e la fierezza che la natura ha infuso nel cuore degli uomini sono le disposizioni più difficili da dominare.

La coscienza si rivolta contro tutto ciò che cerca di opprimerla, reagisce con forza ogni volta che viene punta in questa parte sensibile. Se non si interviene in tempo a combattere, reprimere,a schiacciare la ppotente molla, dopo diventerà impossibile dominarla.

Il scilipotista si esercita sin dall’infanzia in questa virtù, forse più utile di quelle che vengono abitualmente lodate e capace di instillare in chi la possiede una forza di cui pochissimi individui sono dotati.

E tramite questi sforzi eroici, queste lotte e queste vittorie che il cortigiano giunge a distinguersi, acquisendo un livello di insensibilità grazie alla quale conquista il potere, l’onore e la grandezza che lo renderanno oggetto dell’invidia dei suoi pari e dell’ammirazione della casta.

Ora si continui pure a esaltare i sacrifici che la religione impone a chi vuole conquistare il paradiso!

Si lodi ancora la forza d’animo di quei pensatori superbi che disprezzano tutto ciò a cui gli altri uomini tengono! La verità è che nessun filosofo né saggio ha saputo sconfiggere l’amor proprio. L’orgoglio infatti sembra compatibile con la fede e la filosofia.

Sol al cortigiano spetta il privilegio di dominare sé stesso e avere la meglio sui moti d’animo.

Il perfetto seguace dello scilipotismo è senza dubbio il più stupefacente degli uomini.

Che la smettano di parlarci dell’abnegazione degli uomini per il prossimo.

L’unica vera abnegazione per il seguace dello scilipotismo è quella per il suo capo.

Guardate come si annulla per soddisfare i suoi desideri e ordini.

Diventa macchina o meglio si annulla completamente.

Attende di ricevere ordini, cerca di scorgere in lui i tratti da assumere, è come cera fusa pronta a prendere qualsiasi forma.

Alcuni hanno l’animo tutto d’un pezzo, la schiena dritta, la testa alta. Questa sfortunata costituzione impedisce loro di perfezionarsi nell’arte di strisciare e d’avanzare verso il potere.

I serpenti e tutti i rettili scalano i massi e le montagne, mentre i cavalli più focosi non sono in grado di inerpicarsi. La casta non è fatta per i personaggi alteri, inflessibili, che non sanno prostrarsi al capriccio, cedere alle fantasie, né tantomeno, quando occorre, avvallare o favorire i resti che il potere reputa necessari al bene dello stato.

Un buon scilipotista non deve mai avere un’idea propria ma sempre quella del suo padrone o del suo ministro e deve avere la sagacia per intuirlo, il che presuppone un’esperienza consumata nei vari passaggi da una casta all’altra.

Un scilipotista non deve mai avere ragione, non gli è concesso essere più brillante del suo benefattore, deve sapere che il suo capo o chi ne fa le veci non sbaglia mai.

Deve essere ben educato e avere lo stomaco abbastanza forte da digerire tutti gli affronti del suo padrone.

Dovrà imparare a controllare le espressioni del suo volto perché non tradiscano i moti segreti del suo animo, né il minimo eccesso di collera provocato per esempio da un’angheria.

Infatti gli uomini di potere di solito non accettano di buon grado che si regisca alle vessazioni che essi hanno la bontà di elargire.

Davanti al padrone lo scilipotista deve comportarsi come quel fanciullo spartano frustato per aver rubato una volpe, sebbene durante la punizione l’animale nascosto sotto la tunica gli dilaniasse il ventre, il fanciullo subì il dolore senza battere ciglio.

Arte e padronanza di sé distingue il vero scilipotista. Fingendo amicizia costui dovrà incantare di continuo i suoi elettori, mostrare un viso aperto e affettuoso a coloro che maggiormente detesta.

Infine dovrà vegliare scrupolosamente che la menzogna più spudorata non produca sul volto alcuna alterazione.

Abilità essenziale dello scilipotista è oggetto primario del suo studio, dovrà essere la conoscenza approfondite di tutti i vizi e le passioni del suo padrone in modo da cogliere i punti deboli. Sol così sarà certo di possedere la chiave del suo cuore.

Il padrone ama le donne? Ebbene, occorrerà procurargliele.

E’ devoto? Bisognerà seguire il suo esempio oppure fingere.

E’ malfidato? Occorrerà inoculargli il sospetto verso tutti coloro che lo circondano.

E’ pigro? Mai parlargli di lavoro. In una parola bisogna servirlo assecondando la sua natura e soprattutto lusingarlo in continuazione.

Il vero scilipotista è tenuto ad essere amico di tutti come Arlecchino, senza però avere la debolezza di attaccarsi ad alcuno. Dovrà troncare subito ogni legame con il suo padrone appena costui perde il potere.

Quanto rispetto, quanta venerazione dovremmo a questi esseri privilegiati, naturalmente fieri per rango e nascita se solo considerassimo il generoso sacrificio quotidiano che fanno per il padrone.

Eppure essi non vedono nulla di vile in quello che fanno. Al contrario si gloriano dei più umili incarichi al cospetto delle sacre persone che servono.

Rincorrono notte e giorno il piacere di essergli utili, vegliano sulla sua persona, si rendono ministri compiacenti dei suoi piaceri, si accollano i suoi reati e no perdono occasione per lodarlo.

In altre parole il buon scilipotista è talmente assorbito dal suo dovere che spesso va fiero di fare cose alle quali un onesto lacchè non vorrebbe mai prestarsi.

Vi sorprendiamoci più se le ricompense a dismisura per il loro opportunismo vengono magnificate al pari della loro viltà.

Liberalmente tratto
Per la Moltitudine

A. Montanaro
Agosto 2012

 

Crediti immagine: http://www.deperu.com/album/galeria.php?arc=965

Vai alla barra degli strumenti