Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, nella sfrenata corsa al consumo di lusso, altri vedono degradarsi il proprio livello di vita e con le tasche piene della vitaccia quotidiana. Si prova l’umiliazione dell’assistenza caritatevole, mentre il quotidiano viene continuamente bombardato da sollecitazioni consumistiche.

Penìa e l’arte di arrangiarsi

Così Penìa rientra tragicamente nella realtà, contrassegnata da vita precaria, difficoltà a “barcamenarsi”, ricorso all’assistenza sociale, in un clima da “inferno con l’aria condizionata” nella miracolosa tranquillità del paese della cuccagna.

La nuova povertà di massa si manifesta con caratteristiche inedite. Non la vediamo più, come prima, in gruppi sociali definiti e identificabili. La società post-industriale è formata da una nebulosa incontrollata di situazioni e percorsi faticosi dei singoli: disoccupati cronici, madri sole che lavorano a ore, giovani senza qualifiche in cerca di lavoretti, tutti potenziali beneficiari di reddito minimo garantito.

In questa costellazione molteplice, non si trova consapevolezza di classe, né solidarietà di gruppo, né destino comune, ma storie personali diversificate.

Sono i nuovi “sconosciuti“, frutto di un processo che li svilisce socialmente. In questa tranquilla tragedia da società dei consumi, si svolge, rinnovato, il dramma di Penìa. Duro e iper realista, il tragico di cui siamo testimoni coincide con la spirale della violenza del linguaggio dei bulli.

Mentre il prezzo da pagare per un fittizio benessere va di pari passo con la mala-vita.

La civiltà della “felicità” gonfia un torrente di depressioni, tentativi di suicidio, ansia e consumo di psicofarmaci. Più trionfa il consumo-mondo, più si moltiplicano i disturbi mentali, più cresce la sofferenza e la fatica di vivere. Non basta intonare con le prefiche televisive il ritornello della maledizione del tempo.

La nostra epoca genera, su vasta scala, la “mala-vita” e la sofferenza, senza possibilità di giocarsi un’altra mano. In questa terra senza promesse, la società consumistica è una società di smarrimento e afflizioni.

Per questo motivo le classi agiate si chiudono in “comunità” recintate, dotate di “codici di ingresso”, protette da sistemi di video-sorveglianza, con vigilanti armati e cani feroci.

Il pacchetto “comfort e sicurezza” ha un suo prezzo: quello del ritorno alla vita tribale.

La alimenta la preoccupazione di sicurezza, il desiderio di un vicinato rassicurante e di spazi privati protetti, nella cultura del comfort. Su tutto, un alone di minaccia generato dal bisogno di sicurezza indotta continuamente dalla paura di invasori venuti da terre lontane.

In questa realtà chi regna è la dea Penìa, sovrana della povertà umana.

A. Montanaro

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Really ..???

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