L’esplosiva spirale che si autoalimenta nel capitalismo globale punta verso il collasso sociale, ecologico e persino soggettivo, in quanto il dinamismo totale e l’attività frenetica coincideranno con l’immobilità totale.

In attesa del nuovo vento siamo come il marinaio di Seneca, “non sappiamo dove andare”. Mentre i vermi roditori sono all’opera per bloccare il ritorno all’innocenza e se le macchine (IA) vincono, l’essere umano perderà i suoi valori sociali e economici.

L’errore della post-umanità consiste nel non immagazzinare nessuna esperienza nel vissuto. Si azzera la memoria narrativa e con essa la possibilità di ricordare, a favore della memoria additiva tipica dei dispositivi digitali. Nel feticismo dell’informazione veicolata dall’infosfera si raggiunge una beata stupidità che ci disorienta.

L’ignoranza come nucleo primario della vita, la precondizione della sua prosperità nel ciò che è vivo. Mentre i post-umanisti non sanno cos’è la vita.

Nella digitalizzazione si perdono le capacità della contemplazione, perdente il silenzio e la magia come chiave della felicità.

L’impianto dello smartphone depaupera la vista, accecando e distruggendo l’altro che si sottrae e si ritira in una bolla narcisistica, per proteggersi dall’altro se stesso. Così nel regime neoliberista dove non c’è repressione, ma permissività e seduttività, ci sfruttiamo da soli con passione, credendoci realizzati.

Un regime fondato sul like come rosario digitale e di preghiere e una nuova religione velenosa per rendere i sogni sgradevoli, e morire gradevolmente.

Questo teorema virtuale già nel 1922 Aleksei Gustav lo aveva preconizzato. Uno scenario in cui l’umanità e le macchine si sarebbero fusi. Attualizzando il teorema all’oggi si può dire che distruggendo il passato non rimane che il “futuro nell’istante” (Shakespeare).

A. Montanaro

Immagine: https://flic.kr/p/tYKwv 
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