L’emergenza sanitaria da coronavirus ha fatto venire al pettine i molti nodi del nostro servizio sanitario e della gestione politica di quel bene comune che è la salute pubblica. 

Ci sono però diversi livelli di responsabilità da tenere in conto: quelle nazionali e quelle regionali. Non dimentichiamoci che con la riforma costituzionale del 2001, la “riforma del Titolo V della Costituzione”, la sanità è stata regionalizzata.

La riforma del Titolo V della Costituzione – avvenuta con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 – ha affidato la tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, delineando un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere e ampliando il ruolo e le competenze delle autonomie locali”. https://www.saluteinternazionale.info/2015/05/diritto-alla-salute-e-riforma-del-titolo-v/

Questa riforma ha comportato lo spezzettamento del “Servizio sanitario nazionale” (SSN) in 20 sistemi diversi, tante quante sono le Regioni, con il miraggio dei cosiddetti “Livelli essenziali di assistenza”, definiti dallo Stato, che avrebbero dovuto assicurare uniformità ma che vengono costantemente violati. 

Se è vero che negli ultimi dieci anni lo Stato ha investito sempre meno in sanità, è anche vero che per la nostra regione ci sono specifiche responsabilità del centro-destra che ha governato ininterrottamente la Lombardia negli ultimi vent’anni. La sanità lombarda è privatizzata, non coordinata al suo interno, ospedalocentrica, e ha trascurato la prevenzione. Vediamo prima la questione dei tagli, e poi la questione regionale.

Riduzione delle risorse a livello dello Stato

  • la riduzione delle risorse da destinare alla sanità è stata costante dalla crisi del 2007 e si collega ai vincoli europei del pareggio di bilancio (va ricordato che nel 2012 tutti i partiti italiani, tranne Rifondazione comunista, votarono a favore dell’inserimento del pareggio di bilancio di in Costituzione)
  • negli anni si è assistito, in relazione con le politiche di consolidamento adottate, a un significativo disinvestimento nella sanità pubblica, che si manifesta con carenze soprattutto sulla dotazione di personale. Questo si è tradotto in una politica di “tagli lineari”. Un esempio ne è la chiusura di tutti i punti nascita che facevano meno di 500 parti all’anno, tenendo come indicatore solo quello numerico senza considerazione per la qualità di servizio offerto. Gli esperti e le esperte dichiarano che “la contrazione delle risorse solo in parte miglioramenti dell’efficienza e una efficace riorganizzazione dell’offerta”. (1)
  • Una delle voci di spesa che hanno risentito maggiormente delle restrizioni è stata quella per il personale, con una riduzione in valore assoluto di quasi 2 miliardi tra il 2010 e il 2018, malgrado il parziale recupero nell’ultimo anno grazie alla ripresa della contrattazione. (1)
  • La spesa sanitaria italiana negli anni Novanta risultava già tra le più basse in Europa. I dati relativi alla crescita annuale della spesa sanitaria per abitante mostrano che dall’inizio degli anni Novanta al 2012 l’Italia ha registrato dinamiche di spesa sanitaria inferiori a quelle riscontrate negli altri Paesi europei utilizzati come termine di paragone. (1)
  • La crisi economica e le restrizioni alla sanità pubblica hanno reso sempre più difficile il ricorso all’assistenza sanitaria da parte dei gruppi più deboli. (1)

(1) ? ”Lo stato della sanità in Italia”, a cura di Stefania Gabriele, in: Ufficio parlamentare di bilancio, focus tematico n. 6, 2 dicembre 2019. Il dossier è pubblicato qui http://www.upbilancio.it/…/…/12/Focus_6_2019-sanit%C3%A0.pdf

La sanità in Lombardia

In seguito alla riforma costituzionale del 2001 i governi di centro-destra che si sono susseguiti alla guida della Regione Lombardia hanno introdotto il sistema della “sussidiarietà”, che ha comportato:

  • l’incremento della sanità privata
  • la frammentazione dei servizi, con buchi nella continuità assistenziale e mancanza di coordinamento
  • modello “ospedalocentrico”: si punta tutto sull’ospedale mentre viene smantellato il sistema territoriale dei servizi
  • in continuità con il punto sopra, vengono a mancare il luoghi della prevenzione

Vediamo in dettaglio

  • “Sussidiarietà”, semplificando al massimo, vuol dire che l’ente privato accreditato/convenzionato viene parificato all’ente pubblico nella erogazione dei servizi e che i soldi pubblici vengono dati alle strutture private perché queste forniscano i servizi. La Regione fissa i criteri per l’accreditamento delle strutture private e stabilisce il valore monetario di ogni prestazione sanitaria o socio-sanitaria. Così per esempio lo Ieo (Istituto oncologico europeo) è una struttura privata convenzionata, presso cui un malato oncologico o presunto tale può ricevere assistenza con ticket. Accanto ai centri di eccellenza, però, abbiamo mostruosità tipo l’obiezione coscienza di struttura. Vuol dire ad esempio che l’Ospedale San Raffaele di Milano pratica di routine la diagnostica prenatale (ecografie, amniocentesi e compagnia bella), ma di fronte ad una malformazione fetale grave del secondo trimestre abbandonerà la donna e la coppia al loro amaro destino: per interrompere la gravidanza dovranno arrangiarsi, perché questo ospedale privato accreditato pratica la obiezione di coscienza di struttura (illegale in base alla legge 194/78)
  • Prevalenza del privato sul pubblico. Per approfondimento leggi “Lombardia. Istantanee a confronto. Sanità lombarda sempre più privata. Confronto, punto per punto, tra il 1994 e il 2017.” https://www.saluteinternazionale.info/2020/03/lombardia-istantanee-a-confronto/. Nel 1994 c’erano 44 USSL Unità socio-sanitarie Locali (prima 88), con propri ospedali, articolate in Distretti, distribuite capillarmente sul territorio. Nel 2017 abbiamo 8 ATS (Agenzie di tutela della salute) con territori di pertinenza molto vasti e popolazione media servita elevata (ATS MI: 3.400.000 ab. serviti). Le USSL avevano funzioni di programmazione, prevenzione, integrazione e controllo e tali funzioni non sono state recuperate con la successiva riorganizzazione.
  • Il massacro dei servizi territoriali e, con essi, dei servizi di prevenzione, lo vediamo ben esplicitato ad esempio nelle vicende dei consultori pubblici, che erano un fiore all’occhiello della nostra regione. La logica del consultorio è “olistica”: approccio multidisciplinare alla persona e attività orientata alla prevenzione. A pochi anni dalla introduzione della riforma, sono più che raddoppiate le prestazioni erogate dai consultori privati, perlopiù di matrice cattolica (molti dei quali selezionano le prestazioni non in base ai Livelli essenziali di assistenza ma in base ad orientamenti ideologici) mentre sono state chiuse parecchie sedi pubbliche. Qui alcuni dati https://eleonoracirant.files.wordpress.com/2012/06/eleonora-cirant-11-maggio-2012.pdf – http://www.lombardiasociale.it/2017/05/26/levoluzione-dei-consultori-lombardi/

Date le premesse, si può forse capire meglio quali siano i punti di debolezza del servizio sanitario lombardo nel fronteggiare il Covid-19 e perché la sinistra milanese, riunita sotto la sigla Milano 2030, abbia chiesto il commissariamento della sanità lombarda con una petizione che ha superato le 70mila adesioni 

https://www.change.org/p/commissariarelalombardia-va-fatto-ora

Lo stesso gruppo di associazioni e partiti ha cercato alleanze con i gruppi consiliari regionali di opposizione per denunciare le seguenti criticità:

La frammentazione della rete di assistenza territoriale, necessaria a garantire integrazione tra interventi sanitari e sostegno sociale e quell’assistenza domiciliare che è il vero anello debole dell’attuale gestione dell’epidemia nella nostra Regione

La grave situazione relativa alle Rsa, dove in due mesi sono morti il 20% dei residenti, più del doppio di quanto è successo in strutture simili nel resto d’Italia, una situazione su cui Regione Lombardia ha secondo noi responsabilità importanti, a partire da una propria delibera in base alla quale i malati di Covid19 potevano essere trasferiti nelle Rsa.

Lo scarsissimo coinvolgimento della sanità privata nella gestione dell’epidemia e, conseguentemente, il potenziale “vantaggio competitivo” che al settore privato è lasciato dall’interruzione di tutte le prestazioni ambulatoriali e ospedaliere non urgenti nelle strutture pubbliche;

– I nuovi accreditamenti realizzati in tempi rapidissimi da Regione Lombardia senza che sia chiaro quale ne sarà la sorte a emergenza finita

– La scelta di Regione Lombardia di destinare alla gestione dell’emergenza cifre molto basse rispetto al capitolo di bilancio sulla sanità

http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato6710000.pdf

Se ne ricorderanno i lombardi, la prossima volta che andranno a votare?

Eleonora Cirant

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