Non c’è bisogno di profeti per pronosticare un’epoca di brutalità e di imbarbarimenti post-storici dopo la sfida perduta il 4 marzo, perduta non solo per i partiti di sinistra ma per chiunque abbia ancora qualche sentore di libertà. L’arte del fallimento politico è un classico della sinistra in Italia.

Ci chiediamo se il futuro troverà compimento in uno stato poliziesco anestetizzato e cablato, sintesi sociale di un popolo di isolati asociali sempre lontani dai massacri della modernizzazione liberista, sempre provvisti dell’alibi di non trovarsi mai sul posto del delitto ma solo negli amabili luoghi dell’astensione. Brancoliamo nel futuro come nel deserto, nomadi ma senza punti di riferimento, toccando così la logica della follia.

Viviamo con la paranoia nella cultura del sospetto e quelli che hanno vinto il 4 marzo sono morti viventi che hanno solo saputo gridare più forte di altri zombie. “Come dire che la stupidità si è mess a a pensare”. Avremmo bisogno di nuova antropologia dei disabili, nel senso che tutti lo siamo.

Ora che i due movimenti populisti si apprestano a governare insieme, il resto dell’italia banchetta alla tavola imbandita dell’illusione, mentre si sospetta che un’intelligenza artificiale (IA) si sia impadronita dei due leader robot, caricati nella galoppante retorica pubblicitaria dove si spegne l’arbitrio e si accende l’autoritarismo. Dopati dal somatismo del sovranismo, ispirato da altri leader europei – Orban e soci – usano il populismo per scardinare la democrazia e con esso l’Europa. In discussione non è niente di meno che la struttura europea e un exit futuro.

Sono gli imprenditori dell’odio, nel passato erano gli ebrei nel mirino, oggi sono gli africani, i Rom, gli Islam, e tutte le minoranze di genere. Essi prosperano ingigantendo le crisi che attraversano le comunità nazionali e internazionali. In mutazioni economiche e sociali come quella che stiamo vivendo si ricorre sempre alla terra del cuore, che è un territorio dell’immaginario, vedi “padroni a casa nostra”, slogan di antica memoria.

I cittadini e le cittadine, chiusi in una metamorfosi kafkiana, si stanno trasformando in soggetti passivi e senza volontà, pronti per un passato a venire

A. Montanaro

Image: ‘2014_grafika_Metamorfoza_maketa’
2014_grafika_Metamorfoza_maketa
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