La disuguaglianza non è economica o tecnologica, ma ideologia e politica.
Bisogna partire dal mercato per capire che i discorsi dei liberisti sono tutti finalizzati a dimostrare la “naturalezza” delle disuguaglianze. Paghiamo un prezzo altissimo per il fatto che il post-comunismo (nella sua declinazione russa o cinese) sia diventato il migliore alleato dell’iper-capitalismo, in grado di creare nuovi cliché dopo la pandemia.
Oppure, vivere da morti viventi per l’assenza di cambiamento annunciata dagli Stati generali. In attesa di spartirsi il “bottino” in arrivo dall’Europa si fanno avanti in molti, a partire dalla Confindustria, testa di ponte seguita da altre associazioni, fino alle varie “mafie” e clan di malaffare.
Questa spartizione servirà come in passato per operazioni finanziarie fittizie, che andranno ad alimentare le agenzie dei capitali per gli alti profitti. Si sposta il debito verso il futuro, sulle prossime generazioni, per dire che coloro che non faticano nel presente devono essere pronti a faticare in futuro.
Prendiamo i soldi per i nostri capitalisti e affini, mentre diamo qualche mancia ai lavoratori per migliorare la loro formazione (sic): ecco il paradosso del finanziamento europeo. Si usano i soldi come mezzo per ottenere consensi, quindi per esercitare potere politico e controllarne i soggetti. È come intraprendere la via di “Black mirror”, un vissuto di realtà a punteggi e valutazioni per accedere a un credito sociale.
Mentre nel nebuloso futuro si intravvede la serie di Blade runner, come ipotesi del dopo-virus. Ipotesi di un prezzo da pagare nella scomparsa dei fatti; volontariamente manipolati e cambiati retro-attivamente, eventi e persone diventano non-eventi e non-persone.
Bloccando e deragliano il treno della storia. Nell’attesa di beniamino, l’asino di Orwell, per salvare l’ultima umanità.
A. Montanaro
Image: ‘noir city‘
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