Come non solidarizzare con le donne polacche contro l’attacco criminale e violento del governo e delle istituzioni al diritto all’aborto?
Jarek Kubicki è l’ideatore dei poster che sono diventati parte dei simboli visivi della protesta in corso. Con “vaffanculo/levati dalle palle” scritto in rosso stile “Solidarnosc” e donne armate a sfidare i criminali al potere.
Fra i patriarchi europei c’è la gara a chi opprime e reprime la libertà di scelta delle donne. In Italia sono più “democratici”, ingoiano una legge (la 194) ottenuta dalle donne dopo anni di lotte e ottenuta sotto il segno del compromesso fra i partiti dei diversi schieramenti, ma l’aggirano con l’obiezione di coscienza (prevista dalla legge stessa). Qui obiettano i medici, ma anche i farmacisti sulla contraccezione di emergenza, cosa che non potrebbero fare.La violenza non cambia, tutte le armi sono buone per dominare, criminalizzare e assassinare le donne.
Ben venga allora qualsiasi autodifesa da parte delle donne nei confronti degli uomini accecati dall’odio iniettato dalla cultura patriarcale. Ben venga che reagiscano contro chi vorrebbe abbatterle, controllarle, ostacolare nelle loro scelte.Vergogna di essere uomo? No, assolutamente, sono verbalmente e violentemente incazzato.
Festival di Sanremo. Sono un uomo e sono contrario allo sdoganamento di “cantonti” che, con il benestare dei discografici, propagano messaggi cruenti e violenti contro le donne per fini commerciali (coprendosi la faccia). Non dovrebbero bastarci le scuse e l’affermazione che, in nome del successo, quella canzone scritta tre anni fa è acqua passata.
Il signor quizzarolo Amadeus, direttore del Festival (benché, stando alla cronaca, non sia un grande esperto in campo musicale), anche lui si scusa per quella frase sulle donne brave perché sanno stare un passo indietro al marito o compagno famoso. Dice di essere stato frainteso, che lui è buono, ama e rispetta le donne, si sente libero di dire “bellissima” a tutte, e dichiara di non contare nulla in famiglia. Ma poi, nascondendosi dietro le regole dell’organizzazione non respinge quel cantonto di cui mi rifiuto di fare il nome.
Bravo signor Amadeus! Immagino che lei sappia che la potenza della musica incide sulla coscienza delle persone e soprattutto sui giovani in cui si sta ancora formando il senso critico. Davvero bisogna dare a certi cantonti la possibilità di essere dei maestri (culturalmente cantando) di vita?
Alcune cantonti, purtroppo donne, dichiarano che l’arte non va censurata mai, anche quando inneggia alla violenza e allo stupro. Ma quindi, per esempio, chi oggi usa la musica per inneggiare all’odio razzista e allo sterminio di altri esseri umani, domani potrebbe trovarsi aperte le porte del Festival di Sanremo?
Cantiamo e balliamo, anche questo è il Festival della canzone italiana… olè!
Carissime sardine, leggo con meraviglia la decisione di fare la vostra prossima assemblea nazionale proprio l’8 marzo. Il boccone, o l’esca, è molto prelibato e rischioso allo stesso tempo.
Entrereste a gamba tesa in una data importante non solo per il suo significato storico ma soprattutto come punto di riferimento concreto e attuale per il movimento femminista che da anni si batte per uno sciopero globale. E lo fate a partire da un movimento le cui caratteristiche e i cui obiettivi poco hanno a che fare con la condizione delle donne (per ora!).
Potrebbe essere dannoso anche per voi. Le donne che partecipano al movimento delle sardine potrebbero essere in difficoltà nel dover scegliere fra voi e le manifestazioni che si terranno in tutte le città. Inoltre, state dicendo che non vi interessa partecipare a quelle manifestazione. Ignorare l’8 marzo è come ignorare il 25 aprile.
E’ una esperienza che ho già vissuto, quella dei movimenti misti ingoiati dal patriarcato. Non vorrei che succedesse anche a voi. La mia esperienza di vecchio militante, quindi, mi spinge a suggerirvi di non fare come le trote che vanno contro corrente: l’8 marzo è delle donne! E a puntare magari i vostri occhietti svegli anche sui gruppi di uomini che si stanno organizzando per manifestare contro i privilegi che derivano dal dominio maschile.
Caro Presidente-uomo Mattarella, nell’augurarLe un buon anno di pace, di stabilità economica (per la quale è in abbondanza tutelato) e di serenità in salute, la ringraziamo per le Sue parole e per la Sua sensibilità: per il lavoro che manca, per l’ambiente in via di distruzione, per i giovani e le famiglie, per gli imprenditori, per l’odio diffuso attraverso i media, per le disabilità; per il militari impegnati nella guerra al terrorismo (il che giustifica le enormi spese militari a discapito di ricerca, sanità, istruzione), per il sacrificio delle forze dell’ordine, per il sacrificio dei vigili del fuoco di Alessandria, per il sacrificio del sindaco di Rocca di Papa Emanuele Crestini.
Forse per distrazione – ad un uomo tanto sensibile non potrebbe sfuggire il problema – si è dimenticato di nominare i soprusi e l’emarginazione in cui sono costrette a vivere moltissime donne nel nostro paese. Una piaga sociale, umana e culturale figlia dell’ingiustizia e della violenza. Si è dimenticato di nominare le facilitazioni e i diritti di cui godiamo e che ci preoccupiamo poco di estendere, rendendoli, così, dei privilegi.
Caro Presidente-uomo, Lei esterna parole ed elargisce onoreficenze contro l’ingiustizia che colpisce il genere femminile solo in occasione dell’8 marzo. E nel resto dell’anno?
Cita il nostro Paese come crocevia di culture diverse, riconosciuto come culla della cultura con Dante, Raffaello, Leonardo da Vinci – non un accenno alle donne che lo hanno fatto grande e lo hanno reso quel che è. Mentre continuiamo a vivere nella misoginia e nella ingiustizia sociale sul genere femminile.
Accolga anche la nostra sensibilità di uomini, suvvia. Il maschilismo, e la conseguente condizione femminile, non “rende” nulla al nostro Paese, anzi, procura solo danni.
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