Il ballo dei guermantes

Il ballo dei guermantes

Nell’oltrepassare la quiete della storia, ciò che è silenzioso deve essere urlato in tutti i particolari, nel nascosto teologico il nascosto deve essere svelato. Come nella “cene de le ceneri” (Giordano Bruno) il nascosto svela “copernico”. Come Abramo intraprese il mestiere di straccivendolo per nascondere l’arma del sacrificio, come alcuni stupidi di genio a cui, senza saperlo, spetta l’icombenza di gestire il racconto sulla gestione del potere, come l’economia è strumento per regolare dolore e piacere, per ? ricch? e per ? pover?.

Questo linguaggio mercenario è in cima alla politica attuale, dove la potenza dell’illimitato si cela nel denaro stesso. Costretti in una massa di duplicati con un destino governato da due mummie: quella di Lenin nel suo mausoleo e quella di Bentham, University College. Nulla è più utile all? cittadin? che la menzogna, nulla più nocivo della verità (Diderot).

Ci avviciniamo alle città post-storiche eredi di “Perla”, la città immaginaria di Alfred Kubin. Verso forme di vita racchiuse in isole tribali, pensando al socialismo come fratello nemico del capitalismo, mentre invochiamo l’esercito della salvezza che ci riconduce ai versetti di Isaia.

Nel tempo che cade gocciolando si finge di essere afflitti da “Tanatosi”. Nel nuovo meccanismo sociale dove si perdono i legami di classe, un tempo risvegliati dal bisogno della solidarietà, si entra in uno stato di isolamento disumano. Così al chiasso della vita si preferisce il silenzio della notte.

In attesa che dal sottosuolo delle sopite vendette, scoprchiato, emerga “l’esercito di riserva” per sconfiggere l’imperialismo economico, anche se nei cieli della solitudine la foresta mentale scava fino all’osso, nulla resta nell’aver un non pensiero.

Finale di partita

Finale di partita

Diafani, immobili, alla ricerca di una trasparenza del giorno, attenti ai segni che si cancellano nei minimi movimenti, chiusi nella penombra in attesa dei temporali, nelle diversità si immaginano punti di riferimento per rompere il filo del tempo.

Nella coscienza alterata dell’occidente, tutto quello che prometteva cade a pezzi.

Succede nella Francia e dintorni quello che nel lungo letargo i cittadini hanno per molti anni conosciuto. Nascondersi dietro mulini al vento per nobilitarsi novelli Don Chischiotte (Cervantes) senza conoscere che per anni si è stati solo dei Sancio.

Quel mal di vivere che secerne la bile nera, lo ritroviamo nel governo del paese.

Noi non siamo la Francia, non siamo come gli angeli di dio nelle scene di “Boris-Godunov” e non ci toccano i torbidi che si aggirano nell’Europa mercantile e asociale. Noi siamo morti dentro!

Siamo passati dai confessionali ai divani per approdare al ruolo di consumatori. Seguendo la teoria del desiderio consumiamo tutto, tutto diventa merce fino alla perversione guerriera come strumento di potere. Lasciandoci alle spalle rovine e cimiteri, fino all’ultim_ uman_ che rimarrà sul pianeta dopo il declino e la distruzione perpetua della natura.

Il futuro è chiuso in una bolla pronta allo scoppio. Non ci sarà salvezza divina, l’estinzione porta la firma di noi stessi. Il finale di partita è già in atto.

Le grandi civiltà del passato ci hanno lasciato molte testimonianze di umanità.

Noi lasceremo il nulla.

A. Montanaro

10/7/2023

L’era dell’uroboro

L’era dell’uroboro

Finita l’era dell’uroboro, nella santificazione popolare imposta con il lutto nazionale dal governo della destra meloniana. Mentre i vermi darwiniani si disputano la salma, il sovraccarico informativo sostituisce la mancanza di notizie.

L’infobosità attraversa il corpo giornalistico, salvo alcune eccezioni, per il resto tanti coccodrilli infestano tutti i palinsesti nazionali.

I cittadini e le cittadine stufe di trenta anni di berlusconismo osceno e pornografico hanno ignorato lo spettacolo mistico religioso abbondantemente trasmesso dalle reti di mediaset e non solo.

Non si può dimenticare il potere esercitato da Berlusconi per salvarsi dai molti processi che lo hanno visto protagonista nell’arco della sua azione politica. Oggi molti eredi invocano la sua innocenza, molte vedove si aggirano nella speranza di un beneficio. Mentre altre si preparano nella ricerca di un sosia che possa continuare la tradizione del “me ne frego”.

Lo spettacolo è finito. Oggi un’emergenza pericolosa inizia a scorgersi all’orizzonte. Il governo di destra sta corrompendo la democrazia smantellando le regole costituzionali. Bisogna fermarli prima che si compia il delitto.

Smascherare le loro intenzioni da subito, mettere in opera tutte le forme di lotta per fermare lo scempio della costituzione.

Il futuro frattale

Il futuro frattale

Nel teatrino dei pupi non si recita più, manca il futuro per animarli

“Flatus vocis” siamo delle pecorelle perdute, il belato si perde nel vuoto l’errore è la legislazione segreta del potere che coagula il futuro producendo l’alienazione mentale. 

Incatenati nel deserto delle passioni in cerca di simulacri divini. Affogati in un calvario, esclusi da qualsiasi futuro. L’esistenza diventa una colpa, che si conclude con lo spaesamento, fuori da tutto.

Sono scomparsi i sorrisi e l’allegria di felicità, solo la vanità e il presenzialismo primeggiano, quello dei politici trasformati in esecutori dei consigli para-aziendali (multinazionali), dirigenze interscambiabili che hanno ridotto l’azione politica in un contenitore di slogan anestetici utili ad addormentare le coscienze. 

È stato ucciso lo splendore della vita, consegnando i cittadini all’oscurità e ciò rende impossibile la vita stessa. Mentre la cecità diventa protagonista dell’esistenza. Non rimane altro che il lamentoso, tutto si frantuma, persino il tempo non scorre più.

I desideri si aggirano fra miti fasulli, incrociandosi in un’infinità di strade che portano nel nulla. 

Finito il mito del “ciascuno per sé”, alla fine, dove apparirà il “ciascuno per tutti”? Siamo sicuri che si otterrà senza lottare? Saranno probabilmente i mutanti Avatar prossimi venturi a salvare il futuro umano? Oppure l’intelligenza artificiale a distruggere l’umanità?

A. Montanaro

Panoptismo

Passare da un panoptismo disciplinare ad un panoptismo sistemico. Creare malessere, una specialità tutta italiana, nel dramma del vivere come condizione funzionale al disastro.

Per quanto tempo bisogna percorrere la strada della vita? Quel tanto per sgomberare la sporcizia accumulata, nei nuovi dolori si sono rinnovati quelli antichi, mentre un torrente di lamentazioni affoga nel gemito di un raggio di luce per aprire all’angoscia che, governata dal sistema, invade e vince il corpo dei cittadini fino alla tomba.

Per essere vagabondi nei sogni, per assassinare chi ci tortura da vivi, una volta svegli tendiamo la mano ai torturatori.

Aspettarsi che un cavaliere dalla triste figura ci porti il paradiso e una pia illusione. Mentre l’idea di vivere come il milite ignoto ci sovrasta quotidianamente, in attesa che ci spuntino le ali d’avvoltoio nell’esplorazione di qualche nemico da disossare.

Come non bisogna cullarsi nelle delusioni, come non stancarsi nel ribellarsi, come non addormentarsi nella culla del tempo ma dare un senso al futuro, senza di che nessuna ribellione sarebbe possibile. Senza aspettare un nuovo Prometeo nell’orizzonte della lotta.

Continuare nella fatica di vivere, paragonata a quella di Sisifo.

Non ci aspetta il giardino del paradiso. Dando il potere al neo-fascismo meloniano, quel giardino è stato inquinato.

A. Montanaro

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