Bocche mute, mentre si ricerca il proprio “io”, un io differente o indifferente, un io spettatore e testimone, identificato come doppio, centro di gravità dei nostri movimenti, passioni, amori e furori, come l’enigma della Sfinge.
È un continuum costante, estraniante, esaltante e inquietante, di infelicità, di vita inaridita e schiacciata. Si subisce l’infelicità e si prosciuga la vita.
Tutte le lacrime si mescolano alla pioggia, così l’umano e il post-umano si confondono replicandosi in un nulla, la solitudine della miseria e la miseria della solitudine assassinano piazze e strade, con gli esclusi che ridono o piangono solitari, che gridano per tutti e per nessuno, che sbavano e sanguinano povertà.
Tutto perisce, come una bellezza mortale.
Meditare sui bassifondi della povertà e sul delirio della ricchezza, sul presente e sull’avvenire dell’uomo, sul mondo, il niente e la creazione. Se vuoi sentire il disastro o il genio della vita, se vuoi sapere a che punto la ragione non ha più senso, come non aveva senso la Pizia di Delfi (Eraclito), essa non svelava, non dissimulava, ma indicava il voler vivere.
I nostri ardori, le nostre follie, dell’asprezza dei tempi, della necessità di dirsi addio, di partire per l’avventura, sarà possibile oggi?
Con una devastante epidemia che sta decimando milioni di esseri umani.
Se la lotta fra Eros e Thanatos non si fermerà o che Eros puà operare al servizio di Thanatos ma nell’incertezza, la volontà nei desideri di vita, Thanatos non sarà interamente vincitore, se non alla fine dei tempi dell’universo.
Ma finché la macchina dei desideri funzionerà, una speranza di vita alimenterà l’umanità.
A. Montanaro
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