Come Cassandra che predice il peggiore dei mondi possibili, cercando in essi una ragione reattiva contro la caducità, sconfitta quando si scopre che “anche ciò che è stato omesso tesse la tela di ogni futuro”.
Nell’esuberanza della soggettività negativa che nulla nega e tutto accoglie è il rovesciamento reale di un’economia legata alla mera produzione di cose, e al loro semplice, disperato e mortale consumo. Così nei “bisogni definiti” si annidano tumultuose depressioni e crisi angosciose, in una sorta di stato orgiastico dell’umanità cosciente ma ancora minorenne.
Oggi, dopo le grandi rivoluzioni, il fine dell’attività lavorativa è di produrre per vivere, ma quello dell’attività padronale è di produrre per destinare i produttori operai a una spaventosa decadenza.
Mentre nella ricerca della sovranità l’uomo economico afferma la propria negazione, socializzato integrale nel dire sempre di sì, nella sorda ostinazione della piccola arte di arrangiarsi, nella moralità fumosa, egoisticamente frantumato in nuovi cimiteri bellici.
Nelle congiunture favorevoli si smerciano nuovi valori come antidolorifici generali, mentre i rapporti umani fondati sulla relazione reale dei corpi e delle emozioni sono scomparsi. Fuori dal palcoscenico della vita il cinismo si mimetizza nella falsa umanità, precipitando nella trappola delle emozioni costruite.
Si vive di giorno in giorno, di ferie in ferie, di Tg in Tg, di soldi in soldi, di orgasmo in orgasmo… di turbolenze private in scadenze debitorie; in quest’epoca esoterica-pulcellinesca dove il sommerso frantuma la riflessione e la società civile si dissolve in miriadi di individui solitari. Tutti imprigionati nelle caverne tecnologiche dove si proiettano immagini virtuali, credendo che il mondo reale vi sia rappresentato, mentre c’è un abisso tra la realtà e la sua rappresentazione mediatica.
In queste rappresentazioni sottomesse alla doppia censura del potere economico e politico, la realtà è fagocitata, neutralizzata o ignorata. Come nella caverna di Platone, i prigionieri masticano minestre riscaldate dalle fantasie generate dalla propria stessa prigione, disponendo di schermi che li accompagnano permanentemente fino alla morte.
A. Montanaro