Eravamo decine di migliaia al corteo di Milano

decine di migliaia eravamo, oggi primo maggio 2015

festa dei lavoratori e delle lavoratrici

Da anni a Milano ogni primo maggio per dire no

al precariato, allo sfruttamento, al potere della finanza e delle multinazionali

per dire sì al diritto

al lavoro dignitoso, al lavoro non alienante,

alla casa, a ricevere cure nel bisogno, alla trasmissione del sapere, alla cultura.

Oggi, primo maggio 2015

eravamo a decine di migliaia

per dire No Expo

Per denunciare che Expo è

lavoro precario, lavoro che toglie dignità

18500 volontari non pagati

apprendisti, stagisti, lavoratori e lavoratrici di paesi stranieri e a tempo determinato.

No Expo, perché

i contratti Expo 2015 firmati da tutti i sindacati confederali e le istituzioni sono stati il precedente del Jobsact

Cosa succede con il Job’s Act?

– i contratti a termine possono durare fino a 36 e possono essere prorogati fino a 8 volte

– raddoppia la percentuale dei contratti a termine stipulabili da un datore di lavoro sul totale dei lavoratori

– coi contratti di apprendistato il datore di lavoro non è più obbligato a riassumere

– cade il principio di non discriminazione tra i diversi contratti – do you rimember guerra tra poveri?

– la retribuzione per gli studenti in apprendistato scende al 35% di quella ordinaria

Perché Expo è 1600 ettari di territorio fertile cancellati per costruire autostrade inutili e nocive

perché è bonifiche mancate

perché è ricorso smodato agli appalti in assegnazione diretta

perché è un esperimento di governo del territorio che mira ad accentrare poteri, istituire eccezioni,

una anticipazione del decreto SbloccaItalia.

No Expo perché è una eurodisney gastronomica.

C’era tutto questo nel nostro corteo, e tanto altro.

Musica, bambini e bambine, voglia di appartenenza.

C’era un popolo, forse.

E c’era anche qualche centinaio di adolescenti frustrati e rabbiosi

ma rabbiosi di una rabbia senza sbocco

la rabbia provocatrice e autolesionista

di chi non ha strumenti né argomenti.

Incappucciati di nero, come squadre che sollecitano ricordi raccapriccianti

figli e figlie di famiglie borghesi

Ragazzini che gli piace giocare alla guerra, per sentirsi

virili

importanti

visibili

Che grandi machi! Domani torneranno nelle loro stanzette, tra Ipod e tostapane

con mamma che gli lava le mutande e gli stira la maglietta.

A noi rimane

un’occasione persa,

e i nostri contenuti sparpagliati tra i cocci delle vetrine di qualche banca

(le assicurazioni pagheranno e in due giorni sarà tutto come prima).

I cocci di una parodia di guerriglia urbana

che di rivoluzionario non ha nulla

ma proprio nulla.

 

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