Con il disfacimento dei partiti, nell’agonia della politica e degli affari resta in attività solo l’orizzonte del potere. Certo non è poca cosa, perché è dalla morte che trae materia, anche se la morte sta perdendo il monopolio dell’assoluta convinzione.

Basta osservare come i maestri del pensiero sono miserabilmente invecchiati sul bastone delle ideologie, senza appoggi per le loro ambizioni. Ripiegano l’esistenza sull’immagine televisiva data in pasto alla devozione delle utenze, credono di essere ancora affascinanti mentre sono soltanto radiografati, analizzati dall’interno, esposti a una diagnosi che li tratta da malati. Nell’inutilità del loro affermarsi per essere sempre alla moda, quella moda che si consuma alla velocità dello spettacolo. Credono di mettere in scena primavere, ma sono già in inverno.

Finché l’ideologia annacquava la mente della moltitudine, l’occhio non distingueva così limpidamente fino a che punto le celebrità massmediatiche fossero oggetti meccanici costruiti per il vivente.

Oggi che il vento della storia non gonfia più le loro vuote parole, i loro gesti mancano il bersaglio, i loro effetti cadono nel vuoto, svelando gli altarini della loro umanità fallita, esibendo sotto il pesante trucco della faccia i tratti rugosi di un bimbo che mai è nato né stato.

Capi di governo, di clan mafiosi, di claque, padroni, politici, ministri, tribuni, vedette, burocrati e residui familiari dell’autoritarismo, tutti sono caratterizzati dalla volgarità. Un guitto nel cassetto, un feto nel boccale, un embrione rinsecchito nel cuore.

Più si intestardiscono ad esorcizzarla, più la loro puerilità repressa si rivela alla luce del sole.

Scalpitano sentendosi offesi, accusano con sorrisi sornioni, danzano da guitti simulando una serietà da responsabili, vorrebbero ancora che si creda in loro.

Si potrebbe andare più semplicemente alla loro umanità se rinunciassero a trattare uomini e donne come mocciosi istupiditi dalle menzogne, se scegliessero di preferire l’autenticità ai prestigi derisori delle apparenze, se osassero rinascere a ciò che hanno conservato di vivente, per poco che sia.

Ma come potrebbe imparare a vivere chi non ha mai imparato altro che umiliarsi a dominare altri?

Così mentre a Davos i grandi cannibali dell’umanità decidono di spolpare gli ultimi brandelli rimasti all’umanità, le prefiche del populismo fascista e razzista si riuniscono altrove per celebrare l’idea della distruzione dell’Europa.

Non ci rimane che l’eleganza, di morire in piedi, con il sorriso sulle labbra dopo avere personalmente contribuito il meno possibile al naufragio.

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