Sono troppo stanco del paese delle chimere, l’unico degno di essere abitato, “tale essendo il nulla delle cose umane che, al di fuori dell’essere che esiste sempre per se stesso, non vi è niente di bello se non ciò che è” (A. Pope).

Lo spirito imperialista della globalizzazione finanziaria che si sprigiona dagli USA e Wall Street è l’esempio dell’oligarchia che si finge democratica. In campo finanziario si spaccia alle nazioni povere una farsesca versione delle idee di A. Smith sul libero mercato, mentre le si vessa con il neo-colonialismo. Sono, queste, forme gravissima di manipolazione dell’umanità, strumenti della sua degradazione.

La globalizzazione contemporanea è la strutturazione della povertà tramite la tecnologia e l’imperialismo.

Nella versione reale della line difensiva tenuta da “Raskolinicov”, il protagonista di Delitto e castigo dilaniato dall’angoscia per il delitto perpetrato e tenuto segreto, gli oppressi dovrebbero forse imitarlo? Per avere gloria nel tempo? Vorrebbe dire rassegnarsi a dipendere dalla quantità di vittime predestinate prodotte dalla globalizzazione finanziaria, in un tessuto sociale lacerato dalla glorificazione del narcisismo, dell’egoismo e della tracotanza.

Rassegnarsi alle disuguaglianze e morire nella familiarità morbosa di un’agonia quotidiana è infliggersi le pene che altre genti hanno soppresso nel loro codice.

Noi invece facciamo ancora parte di quelle generazioni che si battono per vivere ogni giorno come se ogni giorno fosse la vita intera, e per noi lo scopo degli essere umani è di non morire, né per le tecnologie, né per la meccanizzazione della vita.

Lo sfruttamento economico ha portato esseri umani ed ambiente ai limiti di una sopravvivenza il cui apogeo coincide con la caduta. Con l’estasi del prodigio al quale attinge il “genio” umano messo al servizio dell’economia: un corpo muscolare sprovvisto di energie e di pensiero che mette in stock milioni di informazioni che è capace di trattare solo per mezzo di una logica binaria, cioè con un’intelligenza inferiore a quella del topo.

Ciò di cui meravigliarsi è altrove.

A. Montanaro

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