I dilettanti dell’animazione e gli animatori del decentramento per restare sereni senza farsi le pere.

Bisogna essere la libertà di noi stessi, né più né meno! Strappare i veli funzionali all’inesistenza per riappropriarsi della realtà.

Sentirsi sorvegliati e governati all’estremo, colonizzati attraverso i dati personali, riforniti di beni di consumo ma dissuasi dall’esprimere le nostre opinioni, o dal compiere gesti che potrebbero essere dirompenti nella nostra esistenza.

Mentre la vita si nientifica (Heidegger) in adorazione dei nuovi miti della modernità, il vissuto reale è già morto e sepolto. Così nella vita ogni cosa è temporale e finita, come una scadenza della vita stessa.

Infiniti fiori del male si aggirano sulla via del sadomasochismo “claustrofobico”.

E’ il rinvio sistematico del nulla (Sartre) come nella giostra del passato carosello Brechtiano nel vizioso puttanaio feticista.

Nei frammenti di quotidianità, vecchie-i macchiettisti-e degradate nei gesti tipici degli alienati.

Tutti nei centri commerciali a trainare carrelli colmi di abbondanze, icone in processioni felliniane, surreali come nei vecchi film pubblicitari, con tipi da spiaggia rincoglioniti e già spacciati.

La finanza globalizzata ha regolato il mondo secondo i propri interessi, il suo sguardo da medusa predatrice, una realtà data come assoluta, realtà fabbricata, fin dentro i condizionamenti del corpo.

La sua disumanità rompe in maniera scandalosa con i velleitari dibattiti dalle pretese umanitarie intorno ai propri desideri. Mentre con guanti vellutati il mercato sollecita una sacra litania instancabile – “serviti, prendi quello che vuoi, pagherai all’uscita” – “o non ti amerò più”.

In questa sconfitta di umanità esiliata dalla propria umanità, Picabia constatava: “ciò che anca di più agli umani è ciò che essi hanno: gli occhi, le orecchie, il culo …!”

A. Montanaro

Immagine Jakovisko
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